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Alimentazione come supporto alla fertilità: intervista al Dottor Gennaro Ippolito

Alimentazione come supporto alla fertilità: intervista al Dottor Gennaro Ippolito

Al giorno d’oggi sono sempre di più le donne che incontrano difficoltà oggettive nel concepimento. Spesso e volentieri una revisione delle abitudini alimentari potrebbe giocare a favore e aiutare a superare ostacoli a prima vista insormontabili.
Ippocrate diceva “fa che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo”. A quanto pare qualcosa non torna se la società in cui viviamo oggi sembra andare nella direzione opposta e sembra sottovalutare proprio l’enorme potere terapeutico di una corretta strategia alimentare.


Abbiamo fatto due chiacchiere con il Dottor Gennaro Ippolito – esperto in strategia chetogenica e in consulenza nutrizionale & farmaceutica – per capire quali sono le connessioni tra alimentazione e infertilità, dato che il cibo gioca un ruolo chiave anche in queste dinamiche – che, ahimè, passano per lo più inosservate.

C’è un legame tra alimentazione e infertilità?

Alimentazione e fertilità sono strettamente collegate: più di quanto si possa credere! L’organismo umano nella sua complessità svolge una infinità di reazioni biochimiche ogni secondo della sua vita, e tutte sono mediate da sostanze di natura endogena (biosintetizzate) o introdotte dall’esterno. In entrambi i casi hanno molto spesso come base molecolare di partenza i nutrienti alimentari: vedi la sintesi ormonale, le proteine specifiche, i glucidi nella loro complessità e gli acidi grassi come costituenti della permeabilità cellulare. Un’infinità di molecole biologicamente attive partecipano alla vita del nostro organismo e lo rendono capace di adattarsi, procreare e resistere alle avversità. Sono anche in grado – ed in questo caso si parla di malnutrizione! – di farlo ammalare: un esempio sono le neoplasie in genere, oppure come le patologie neurodegenerative o metaboliche come obesità, dislipidemie, morbo di Azheimer e molte altre. Oggigiorno assistiamo, secondo le ultime pubblicazioni Istat, ad un incremento ponderale del peso corporeo nella popolazione, pari a ritenere in sovrappeso ben un cittadino su 3! C’è un’incidenza spaventosa delle patologie metaboliche, con un incremento triplo nell’ultimo decennio. I dati su insulino-resistenza, diabete, dislipidemia, patologie cardiovascolari e neurologiche sono allarmanti, e simultaneamente, i centri di fecondazione assistita si riempiono sempre di più. Sarà un caso? Sicuramente no! Le disfunzioni glucidiche, lipidiche, metaboliche in senso lato, derivanti sia da agenti esterni che alimentari, come l’uso compulsivo di cibo spazzatura o squilibrato nei macronutrienti: determinano una disfunzione nella regolazione cellulare ed uno stress ossidativo tale da compromettere negativamente sia l’apparato riproduttivo maschile che femminile.

Può una corretta strategia chetogenica supportare la fertilità, e se sì, come?

Certo, a partire dall’introduzione di alimenti di qualità, ossia nutrizionalmente validi: carni grass fed, pesce, verdure non trattate. Associata ad un basso consumo di prodotti industrialmente lavorati come cereali, farine, carboidrati semplici o complessi nelle varie forme in cui possono esistere in commercio. Questo abuso di cibo spazzatura è divenuto sempre più irresponsabile genera serie problematiche di food craving (dipendenza da cibo): produce infatti durante la digestione la formazione di radicali liberi e di intermedi metabolici pro-infiammatori, determinando l’attivazione a livello gastrico – e non solo! – di citochine endogene, sostanze responsabili in molti casi di una infiammazione basale. Lo stato di chetosi nello specifico, ossia una modulazione estrema in termini di macronutrienti dell’intake glucidico, determina anche una modulazione della sensibilità cellulare ormono-mediata e della concentrazione ematica degli ormoni femminili. In pazienti in trattamento con Pcos e Endometriosi, in parecchi casi si assiste ad un netto miglioramento della sintomatologia. Una delle funzioni primarie di questi ormoni – vedi estrogeni e progestinici che svolgono un ruolo fondamentale nella maturazione degli ovociti, sulla sensibilità follicolare e sull’attecchimento embrionale, è quella di determinare un incremento della percentuale di fecondità della paziente.

Una visione d’insieme è a quanto pare l’unica strada percorribile per i medici di oggi. È d’accordo?

Il mondo scientifico o almeno una parte di esso ed in continuo crescendo, concorda con la multidisciplinarietà del trattamento al paziente. Una “visione di insieme” è necessaria per affrontare con un approccio a 360 gradi e indagare tutto l’aspetto biologico, sociale, farmacologico, patologico, di un paziente. Sempre più spesso si parla infatti di medicina funzionale o approccio funzionale: contrariamente a definizioni o dogmi, spesso e purtroppo monovisionari e chiusi, determina una migliore compliance e aderenza terapeutica del paziente stesso.

In questo contesto, quali sono i consigli nutrizionali che si sente di darci?


È una domanda molto complessa difficilmente stilizzabile in poche righe, poiché tutto è in funzione del paziente stesso. Ogni uomo o donna, nella sua diversità può aver bisogno di una nutrizione differente, determinata da fattori quale età, condizione fisica e psicologica o in funzione dell’obiettivo da raggiungere. Per lo sportivo ad esempio, è opportuno usare un apporto amminoacidico e glucidico adeguato, e soprattutto modulato in base alle esigenze prestazionali o agonistiche. Nella donna, specialmente se gravida, utilizzeremo alimenti per integrare un apporto maggiore di folati, vitamine del gruppo B, Epa e Dha; nell’uomo, qualora come obiettivo ci fosse la procreazione, useremo folati e coenzima Q10 per migliorare la spermatogenesi. L’integrazione di fibre e la calibrazione dei micronutrienti si è rivelata negli ultimi decenni indispensabile per il mantenimento salutare del microbiota intestinale, sia per il trattamento delle disbiosi che delle problematiche inerenti alla sindrome del colon irritabile.
Recentemente, sempre più spesso, si parla di asse intestino-cervello mettendo in correlazione l’apparato gastro-intestinale con l’attività cerebrale, in termini di modulazione ormonale ed il relativo ruolo nelle funzioni biologiche e di gestione contro i patogeni.

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